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“Ogni scoperta viene fatta più di una volta e mai tutta quanta insieme….” (S. Freud)

Negli ultimi giorni il web torna ad esultare, alimentando le aspettative di pazienti (o presunti tali) e familiari, “webnauti” con tanti dubbi ed alla ricerca speranzosa di “certezze” circa cause, cura e terapie.

Per farsi un idea di cosa accade è sufficiente una ricerca su Google:

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  • “sindrome-di-brugada-scoperti-i-meccanismi-che-determinano-il-rischio-di-aritmie-fatali”
  • “sindrome-di-brugada-scoperta-la-base-del-rischio-di-aritmie-gravi-e-morte-improvvisa”
  • “Ecco perché la sindrome di Brugada mette a rischio il cuore”
  • “Scoperta la causa principale delle aritmie per la sindrome di Brugada …”
  • “Sindrome Brugada. Ricerca italiana svela origini aritmie e morte improvvisa”
  • etc…

La diffusione massiva di queste notizie, coincide con la pubblicazione, sul “Journal of the American College of Cardiology” dei risultati di un importante, recente studio, finanziato da Telethon e condotto da Pieroni e colleghi dell’ Ospedale San Donato di Arezzo, in collaborazione con Antonio Oliva del Policlinico Universitario A. Gemelli e Ramon Brugada dell’Università di Girona, Spagna.[1]

Una simile esultanza del web, si era già vista qualche mese fa, in coincidenza di un’altra importante pubblicazione, sul “Journal of the American College of Cardiology”, del gruppo di Pappone, Brugada e colleghi[2]:

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Cerchiamo di chiarire come stanno realmente le cose, al di la dei “facili” entusiasmi del web.

Fin dalla descrizione dei fratelli Brugada, nel 1992, la causa della sindrome di Brugada è stata attribuita ad un disturbo di tipo funzionale a cuore strutturalmente sano [3].

Negli anni successivi, questa teoria è stata fortemente supportata dagli eccellenti studi sperimentali di Yan ed Antzelevitch[22][23]. Secondo questi studi si è ipotizzato che una malattia dei “canali ionici” porti ad una anormale ripolarizzazione, causata da una riduzione della corrente del sodio geneticamente indotta, che si tradurrebbe all’ecg con le tipiche manifestazioni di elevazione del punto J e sopraslivellamento del tratto ST. Secondo tale teoria, alla base del meccanismo elettrofisiologico delle aritmie, ci sarebbe un meccanismo di rientro funzionale di fase 2 legato ad una disomogenea ripolarizzazione tra endocardio ed epicardio. La perdita della normale ripolarizzazione del potenziale d’azione nelle cellule epicardiche, ma non in quelle endocardiche, determinerebbe una marcata dispersione transmurale della ripolarizzazione e della refrattarietà, responsabile di una finestra vulnerabile che faciliterebbe un circuito di rientro con una conseguente aritmia ventricolare ripetitiva. A supportare ulteriormente questa ipotesi, l’identificazione, nel 1998, di mutazioni a carico del gene SCN5A, che codifica per il canale cardiaco del sodio, e la natura transitoria e variabile delle manifestazioni elettrocardiografiche nei portatori affetti da sindrome di Brugada [4][5].

La teoria funzionale, è stata per anni abbracciata dalla maggioranza della comunità scientifica, nonostante gli esiti degli studi sperimentali di laboratorio abbiano avuto limitate correlazioni con evidenze basate sulla clinica e nonostante non sia stata chiarita la relazione causa-effetto tra le mutazioni del gene SCN5A e la sindrome di Brugada, a causa principalmente della bassa prevalenza di pazienti affetti portatori del difetto genetico (circa il 25%)[6].

Cosa a dir poco singolare, per anni sono proliferate in tutto il mondo pubblicazioni scientifiche che riportavano la teoria funzionale come spiegazione patofisiologica della sindrome, praticamente ignorando quasi del tutto i risultati degli studi fatti nella prima descrizione della Sindrome ad opera del gruppo italiano del Prof. Nava, Martini e colleghi già nel 1988/89[7][8][9].

Gli autori italiani, avevano per primi descritto l’associazione tra arresto cardiaco ed il peculiare aspetto elettrocardiografico, dimostrandone anche il meccanismo patofisiologico: una malattia organica, genetica, legata ad alterazioni del tratto di efflusso del ventricolo destro (RVOT) e/o al sistema di conduzione, in grado di spiegare sia il pattern elettrocardiografico, sia l’instabilità elettrica ventricolare. Di rilevanza, la dimostrazione che l’elevazione del segmento ST sia dovuta ad una ritardata depolarizazzione a livello di RVOT: “Non è facile accettare che l’elevazione del tratto ST sia da attribuire ad anormalità di depolarizzazione in area RVOT, ma la presenza di potenziali tardivi non può essere ascritta a null’altro se non a questo”[7][8][9].

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Di nota, gli autori italiani evidenziarono successivamente come uno dei pazienti del loro report iniziale[8], sottoposto a studio necroscopico, presentava anomalie strutturali del ventricolo destro oltre a mutazioni nel gene SCN5A, le quali erano presenti anche nei membri della sua famiglia[9]. Inoltre, un paziente della serie di Martini, Nava e colleghi, ripubblicato successivamente da Corrado e colleghi[10] rappresentava un eccellente esempio di pattern elettrocardiografico dinamico nel tempo, che presentava però evidenze anatomiche di cardiomiopatia ventricolare destra. Successivi studi, hanno dimostrato come anche pazienti con chiare anormalità cardiache strutturali, possano presentare pattern elettrocardiografici dinamici, probabilmente influenzati da sistema nervoso autonomo[11][12][13].

Successivamente, nel corso del tempo, diversi studi hanno messo in correlazione evidenze di anomalie strutturali del ventricolo destro con le tipiche manifestazioni elettrocardiografiche della sindrome[10][14][15][16][17].

In anni recenti, l’utilizzo dello studio elettrofisiologico intracardiaco con mappaggio epicardico ed endocardico, ha confermato la presenza di segni di ritardo della conduzione ventricolare con elettrogrammi frammentati e potenziali ritardati, principalmente evidenziabili in area del tratto di efflusso del ventricolo destro (RVOT)[18]. Un ulteriore importante evidenza a riguardo, è data dal fatto che il trattamento mediante ablazione a radiofrequenza di questi substrati anomali, porta alla normalizzazione dell’ecg nei portatori di pattern Brugada, e sembra prevenire l’occorrenza di episodi aritmici di tachicardia/fibrillazione ventricolare sia spontaneamente che all’inducibilità mediante stimolazione elettrica programmata, nei pazienti affetti da tali disturbi. Ad oggi, tale trattamento viene considerato per pazienti affetti da episodi di fibrillazione ventricolare ricorrente[20][21]. Una conferma della associazione tra il substrato anomalo evidenziato al mappaggio elettroanatomico e anomalie strutturali cardiache, è stato dato dai risultati di uno studio multicentrico condotto da Nademanee e colleghi, i quali hanno dimostrato la presenza di fibrosi, ed una ridotta espressione delle “giunzioni comunicanti” a livello cellulare relativamente alla proteina Cx43 in area del tratto di efflusso del ventricolo destro (RVOT), nei pazienti soggetti a morte cardiaca improvvisa, con familiarità di Sindrome di Brugada i quali non mostravano segni clinici di anomalie strutturali cardiache[21].

In questi ultimi mesi, il mondo del web si è scatenato con molto entusiasmo, in un proliferare di notizie circa nuove scoperte su cause e cure di una patologia sulla quale, purtroppo, regna ancora un certo grado di incertezza, a partire dai criteri diagnostici per finire a terapie sicure ed alle cause patofisiologiche che ne stanno alla base. Ciò è avvenuto nel contesto della pubblicazione di due importanti e recenti studi del gruppo di Pappone et al.[2], prima, e del gruppo di Pieroni e colleghi successivamente[1].

Entrambi gli studi, mettono in evidenza come alla base della sindrome, ci sia un substrato patologico di origine strutturale, principalmente localizzato nell’area del tratto di efflusso del ventricolo destro (RVOT). Questi studi, confermano ulteriormente quanto evidenziato già 30 anni fa dal gruppo del Prof. Nava e colleghi, che per primi descrissero la sindrome, ed a cui per anni è stata data poca considerazione[7][8][17].

Oltre a questo, entrambi gli studi offrono nuovi importanti “insights” che potrebbero, se confermati da future investigazioni, essere di aiuto sia nella stratificazione del rischio aritmico, che in nuove opzioni di cura. I risultati di questi studi, infatti, evidenziano una relazione tra l’estensione del substrato patologico ed un aumentato rischio aritmico nei pazienti affetti della Sindrome. Inoltre, la ricerca di Pieroni e colleghi, mette in evidenza come una infiammazione miocardica possa avere un ruolo come causa delle fibrosi miocardiche, e che il grado di tale infiammazione possa essere correlato alla estensione del substrato anomalo. Ciò potrebbe in futuro anche aprire la strada ad approcci terapeutici “nuovi”, come l’utilizzo di terapia anti-infiammatoria. Tuttavia, è ancora prematuro trarre conclusioni fino a quando ulteriori studi clinici ed istopatologici confermino l’ipotesi di un collegamento tra un processo infiammatorio e la presenza di fibrosi miocardica nei pazienti affetti da Sindrome di Brugada, una condizione che tutt’ora è alla ricerca di una causa[6].

In questo momento storico, di incertezza scientifica, sia sulle metodologie di diagnosi che di cura, ma anche su una accurata stratificazione del rischio aritmico, occorrerebbe un approccio più serio e razionale, evitando la diffusione virale di notizie che danno certezze ed alimentano le aspettative di pazienti (o presunti tali) che, a vario titolo, soprattutto psicologicamente, ne sono coinvolti. E’ importante invece adottare un approccio serio di rassicurazione razionale e basata sulle attuali evidenze, nei confronti di una patologia che sembra esplodere nelle diagnosi, coinvolgendo un gran numero di persone, ma che, di fatto, rimane una malattia dalle manifestazioni rare e tutt’ora alla ricerca della sua identità.

Bibliografia

[1] Pieroni M et al., Electroanatomic and Pathologic Right Ventricular Outflow Tract Abnormalities in Patients With Brugada Syndrome. J Am Coll Cardiol. 2018 Dec 4;72(22):2747-2757

[2] Pappone C et al., Assessing the Malignant Ventricular Arrhythmic Substrate in Patients With Brugada Syndrome. J Am Coll Cardiol. Volume 71, Issue 15, April 2018

[3] Brugada P, Brugada J. Right bundle branch block, persistent ST segment elevation and sudden cardiac death: a distinct clinical and electrocardiographic syndrome. A multicenter report. J Am Coll Cardiol 1992;20:1391–6.

[4] Chen Q, Kirsch GE, Zhang D, et al. Genetic basis and molecular mechanism for idiopathic ventricular fibrillation. Nature 1998; 392: 293-6

[5] Alshinawi C, Mannens M, Wilde A. Mutations in the human cardiac sodium channel gene (SCN5A) in patients with Brugada’s syndrome. (abstr) Eur Heart J 1998; 98 (Suppl): 78.

[6] Corrado D., et al., Brugada Syndrome: In Search of a Cause. J Am Coll Cardiol. 2018 Dec 4;72(22):2758-2760.

[7] Nava A., Canciani, B., Schiavinato, M. L., Martini, B.: La repolarisation precoce
dans le precordiales droites: trouble de la conduction intraventriculaire droite?
Correlations de l’electrocardiographie- vectorcardiographie avec l’electro-physiologie.
Mises a Jour Cardiologiques 1988;17:157-159

[8] Ventricular fibrillation without apparent heart disease: description of six cases.
Martini B, Nava A, Thiene G, Buja GF, Canciani B, Scognamiglio R, Daliento L,
Dalla Volta S. Am Heart J. 1989 Dec;118(6):1203-9.

[9] Martini B, Nava A, 1988-2003. Fifteen years after the first Italian description by Nava-Martini-Thiene and colleagues of a new syndrome (different from the Brugada syndrome?) in the Giornale Italiano di Cardiologia: do we really know everything on this entity? Ital Heart J. 2004 Jan;5(1):53-60.

[10] Corrado D, Basso C, Buja GF, Nava A, Rossi L, Thiene G. Right bundle branch block, ST-segment elevation, and sudden death in young people. Circulation 2001; 103: 710-7.

[11] Miyazaki T, Mitamura H, Miyoshi S, et al. Autonomic and antiarrhythmic drug modulation of ST segment elevation in patients with Brugada syndrome. J Am Coll Cardiol 1996; 27: 1061-70.

[12] Wichter T, Matheja P, Eckardt L. Cardiac autonomic dysfunction in Brugada syndrome. Circulation 2002; 105: 702-6.

[13] Brugada J, Brugada R, Antzelevitch C, Towbin J, Nademanee K, Brugada P. Long-term follow-up of individuals with the electrocardiographic pattern of right bundle branch block and ST elevation in precordial leads V1 to V3. Circulation 2002; 105: 73-8.

[14] Frustaci A, Priori SG, Pieroni M, et al. Cardiac histological substrate in patients with clinical phenotype of Brugada syndrome. Circulation 2005;112:3680-7.

[15] Coronel R, Casini S, Koopmann TT, et al. Right ventricular fibrosis and conduction delay in a patient with clinical signs of Brugada syndrome: a combined electrophysiological, genetic, histopathologic, and computational study. Circulation 2005;112: 2769-77.

[16] Postema PG, et al. Local depolarization abnormalities are the dominant pathophysiologic mechanism for type 1 electrocardiogram in brugada syndrome a study of electrocardiograms, vectorcardiograms, and body surface potential maps during ajmaline provocation. J Am Coll Cardiol. 2010 Feb 23;55(8):789-97.

[17] Martini B, et al., Clues of an underlying organic substrate in the Brugada Syndrome. Arch Cardiol Mex. 2017;87(1):49-60

[18] Nademanee K., et al., Prevention of Ventricular Fibrillation Episodes in Brugada Syndrome by Catheter Ablation Over the Anterior Right Ventricular Outflow Tract Epicardium. Circulation. 2011 Mar 29;123(12):1270-9.

[19] Nademanee K, et. al., Epicardial substrate ablation for Brugada syndrome. Heart Rhythm. 2017 Mar;14(3):457-461.

[20] Priori SG et al., 2015 ESC Guidelines for the management of patients with ventricular arrhythmias and the prevention of sudden cardiac death: The Task Force for the Management of Patients with Ventricular Arrhythmias and the Prevention of Sudden Cardiac Death of the European Society of Cardiology (ESC)
Endorsed by: Association for European Paediatric and Congenital Cardiology (AEPC)

[21] Nademanee K, Raju H, de Noronha SV, et al. Fibrosis, connexin-43, and conduction abnormalities in the Brugada syndrome. J Am Coll Cardiol 2015;66:1976–86.

[22] Yan GX, Antzelevitch C. Cellular basis for the electrocardiographic J wave. Circulation 1996; 93: 372–9.

[23] Yan GX. Antzelevitch C. Cellular basis for the Brugada Syndrome and other mechanism of arrhythmogenesis associated with ST segment elevation. Circulation 1999; 100: 1660–6.

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