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Questo articolo è rivolto in particolare ai membri del gruppo Facebook “Sindrome di Brugada“.
Consapevolezza…
… un termine meritevole di qualche spiegazione.
La consapevolezza non è semplicemente un essere informati su qualcosa o un semplice sapere, ma essa rappresenta quell’insieme di materiale informativo, di conoscenza, attraverso il quale noi costruiamo le nostre idee soggettive, la nostra visione delle cose e del mondo, che ci consentono di valutare e prendere decisioni.
La consapevolezza deriva dal termine “consapere”, che si compone di “con” e “sapere”, rappresenta quindi un fatto puramente intimo e soggettivo, costruito a partire dalla corretta conoscenza di qualcosa.
In un caso specifico, rendersi consapevoli di un problema o fenomeno, significa raccoglierne nel modo più corretto ed oggettivo le informazioni
ed analizzarle fino a costruirsi una propria idea (quella si, soggettiva!), che consenta in autonomia di rapportarsi correttamente con quel dato problema o fenomeno e “prendere” le giuste decisioni per se.
Questo processo evidentemente non può essere trasmesso da nessuno, ma rappresenta un percorso che tutti possono fare basandosi su una attenta analisi di informazioni raccolte con correttezza ed oggettività.
Leggo con molta attenzione tutti i post e commenti sul gruppo “sindrome di Brugada“, e mi rendo conto di quanto basso sia il grado di consapevolezza rispetto al problema “Brugada”.
Si cercano verità che non possono trovarsi, soluzioni migliori di altre che non esistono, certezze che evidentemente non ci sono, si identificano guru, luminari, dei, sostenendone con forza le qualità di risolvere un problema per il quale al momento non esiste soluzione, ma molta confusione. Si cerca di elargire agli altri consigli, basandosi sulle proprie esperienze personali, rimanendo completamente su se stessi, dimenticando che l’altro può avere una situazione diversa dalla nostra! Per cui può accadere che chi, sfortunatamente, ha subito un evento grave, accaduto a se stesso o ad un membro della sua famiglia, consigli a tutti di impiantarsi un defibrillatore “per evitare che una bomba ad orologeria che teniamo nel petto da un momento all’altro esploda” oppure, al contrario, un asintomatico affetto dalla “fobia del Brugada” cerchi in tutti i modi di tranquillizzare tutti i membri, suggerendo quasi quasi che il Brugada in realtà non esista, ma fa questo non tanto per aiutare gli altri quanto per cercare conferme che possano rassicurarlo! Poi c’è quello che ha fatto una determinata tarapia e, convinto di essere guarito o per convincersene ancora di più , consiglia tale terapia indiscriminatamente a tutti!… Beh! Di certo non si può e non si deve colpevolizzare nessuno per tali simili comportamenti, è tutto molto comprensibile…
Si è tremendamente spaventati e disposti a ricorrere a tutto cio che è possibile fare, pur di mettersi al riparo da qualcosa che però non si conosce, o meglio di cui non si è consapevoli! Ad esempio io da piccolo avevo il terrore delle immagini sulla parete prodotte dalle “ombre magiche” o “gioco delle ombre”… prima di raggiungere la consapevolezza, appunto, che si trattava solo di ombre!
Rendersi CONSAPEVOLI rispetto al Brugada implica la costruzione della propria personale idea partendo da alcuni dati oggettivi.
Mi sforzerò di fornirvi, in forma estremamente sintetica(e non evidentemente esaustiva) alcuni di questi dati, sperando possano essere di aiuto a costruirvi la vostra corretta “visione” soggettiva che vi consenta di effettuare le scelte,
che sono solo le vostre, più giuste per voi:
La sindrome di Brugada nasce come associazione di un particolare ECG + Sintomi (NON solo ECG!)
Tutto risale a circa 30 anni fa, quando venne messa in evidenza la presenza di un determinato ECG in soggetti resuscitati ad arresto cardiaco.
Dai primi studi sembrava che anche chi aveva un ECG tipico in assenza di sintomi fosse ad alto rischio.
I primi studi condotti negli anni successivi mettevano in evidenza una considerevole percentuale di rischio aritmico in soggetti asintomatici con ecg tipico.
I risultati dei primi studi hanno portato ad un uso estensivo del defibrillatore impiantabile negli asintomatici
Come conseguenza dei risultati di questi primi studi ci si è posti il problema di proteggere i soggetti asintomatici portatori di ecg tipico tramite l’unica terapia possibile: l’impianto del defibrillatore.
La ricerca si è sforzata di individuare criteri di valutazione del rischio per evitare eccessivi impianti a causa dei rischi legati al defibrillatore
Contemporaneamente la comunità scientifica si è concentrata nell’individuare strategie per meglio stratificare il rischio negli asintomatici ed evitare quando possibili l’uso del defibrillatore in quanto non privo di rischi a volte anche gravi.
Contrariamente a quanto evidenziato nei primi studi,ad oggi è chiaro che l’ECG tipico (o simili) è di frequente riscontro, ma le manifestazioni (sintomi) sono rari
Dopo 30 anni si è capito che il temuto segno ECG è molto meno raro del previsto (fino all’ 1×1000 della popolazione in alcune aree geografiche) e spesso viene scoperto occasionalmente in occasione di controlli di routine in soggetti del tutto sani ed asintomatici. Ci si è quindi resi conto che negli anni precedenti erano stati fatti troppi impianti di defibrillatori probabilmente
NON necessari, e che il vero problema, oggi, è quello di individuare all’interno di una grande massa di soggetti, quelli che realmente sono a rischio di aritmie maligne.
I differenti approcci adottati nella pratica clinica dipendono dalla fragilità delle conoscenze scientifiche
Le conoscenze scientifiche ad oggi non sono complete e vi è fragilità di alcuni dati ad oggi raccolti, di conseguenza il comportamento dei medici in tutto il mondo è molto disomogeneo: alcuni tendono ad enfatizzare il rischio dando indicazioni estensive all’impianto profilattico di ICD, altri si attengono scrupolosamente ai criteri restrittivi delle attuali linee guida internazionali, la maggioranza però si colloca in un limbo senza soluzioni sicure. Tutto ciò incrementa considerevolmente la confusione ed il timore nei pazienti.
Ad oggi NON esistono criteri diagnostici CERTI.
L’ELETTROCARDIOGRAMMA NON E’ SPECIFICO.
Il tipico elettrocardiogramma, e soprattutto i pattern ritenuti sospetti (tipo 2 e tipo 3), NON sono specifici e possono essere presenti a causa di patologie diverse dalla sindromne di Brugada, ma anche prodotti da altre cause spesso transienti quali farmaci, elettroliti, malformazioni, particolari conformazioni toraciche ecc.. (fenocopie) oppure possono essere presenti per motivi del tutto fisiologici (NON patologici e benigni). In fine i pattern cosiddetti di tipo 2 o 3 che spesso sono l’elemento di spinta verso altre indagini, a volte anche invasive, possono essere prodotti erroenamente da un non corretto posizionamento degli elettrodi dell’ECG in alcune derivazioni (cosa che avviene molto più spesso di quello che si immagini)
IL TEST FARMCOLOGICO NON E’ SPECIFICO
E’ pratica comune oramai sottoporre indiscriminatamente i portatori di ecg ritenuti sospetti es. “tipo 2” o “tipo 3” ad un test farmacologico(flecainide, ajmalina, ecc…) per indurre la comparsa di un “pattern di tipo 1” ritenuto “diagnostico”. E’ importante però sapere che tale test NON è specifico, ed il suo risultato positivo deve essere interpretato con molta cautela, poichè ad oggi non esitono evidenze certe riguardo la sua interpretazione. Studi hanno evidenziato la comparsa di un tipo 1 dopo test farmacologico in situazioni differenti dalla Sindrome di Brugada. Per questo motivo un recente report di consenso internazionale di esperti, raccomanda di non formulare una diagnosi di sindrome di Brugada in base al solo esito positivo di un test farmacologico.
Per fare un esempio di un possibile eclatante falso positivo, immaginate la situazione di un soggetto sano e completamente asintomatico, che si sottopone per routine ad un ecg dove a causa di un non corretto posizionamento degli elettrodi viene fuori un tipo 2 o 3 con successiva positività di un test all’ajmalina… ovvero come “trasformare” un sano in un “malato”…
Beh! questa possibilità esiste eccome!!! E’ importante quindi selezionare la categoria di pazienti che può beneficiare di un tale esame diagnostico, poichè un impiego estensivo del test, oggi pratica comune, non è facilmente condivisibile. Infatti, anche nel caso di positività del test, in assenza di fattori di rischio, l’incidenza di morte improvvisa in questi soggetti è in linea con quella della popolazione generale. Va inoltre precisato che si tratta di un rilievo molto più frequente del tipo 1 spontaneo e che non raramente nella pratica clinica viene diagnosticato in assenza di tutti i criteri necessari. Pertanto, un uso estensivo del test rischia di trasformare in malati teorici un numero eccessivo di soggetti sani minando la loro serenità psichica e limitandoli ingiustamente nelle loro attività sportive e lavorative. Per ultimo, ma non ultimo, è bene ricordare che il test non è privo di rischi, potendo innescare, aritmie ventricolari pericolose difficili da trattare.
IL TEST GENETICO NON CONSENTE DIAGNOSI
Non esiste nessun test genetico che ad oggi può dire se si è affetti da una sindrome di Brugada o no.
OGGI NON SI E’ IN GRADO DI STRATIFICARE CON PRECISIONE IL RISCHIO ARITMICO
Ad oggi occorre ammettere l’incapacità stratificare con precisione il rischio aritmico. Per cui nella realtà esistono casi di soggetti con precedente arresto cardiaco rianimato che poi non hanno più avuto nulla per tutto il resto della vita, cosi come casi di soggetti del tutto asintomatici che nel tempo hanno sviluppato aritmie potenzialmente pericolose anche ricorrenti.
Di certo c’è che il rischio aritmico negli asintomatici portatori di ecg “brugada” è basso, in particolare in coloro i quali il pattern di brugada è messo in evidenza esclusivamente dal test farmacologico: Gli studi mostrano un incidenza di circa l’1% annuo nei portatori di pattern spontaneo ed in circa lo 0,2-0,4% in coloro i quali mostrano il pattern brugada solo dopo test farmacologico. E’ importante sottolineare però che questi dati sovrastimano in realtà la reale incidenza di arresto cardiaco perchè derivanti da studi con registri composti da pazienti con e senza ICD in cui si è valutato nel follow-up un endpoint combinato composto da morte improvvisa (nei soggetti senza ICD) e shock appropriati (nei soggetti con ICD), senza considerare che l’ICD può intervenire su aritmie potenzialmente non mortali e/o ad autorisoluzione. E’ realistico pensare quindi a percentuali di rischio ancora più basse.
IL SIGNIFICATO DELLO STUDIO ELETTROFISIOLOGICO E’ INCERTO
Le limitazioni dei dati scientifici disponibili ed i risultati contrastanti dei vari studi, non consentono di stabilire con buon grado di confidenza il valore dello SEF nel predire il rischio aritmico. Diversi studi sostengono l’utilità del SEF, altrettanti la negano del tutto. I motivi principali di questi risultati confondenti sono almeno due: l’impiego di protocolli di stimolazione disomogenei (in alcuni lavori molto aggressivi e in altri meno aggressivi) e la scarsa specificità dell’induzione di tachicardia ventricolare polimorfa/fibrillazione ventricolare sincopale (SEF+). Studi recenti hanno messo in evidenza che uno SEF positivo può essere utile nel predire il rischio aritmico se condotto con protocolli poco aggressivi particolarmente in soggetti con pattern di tipo 1 spontaneo e sincope. E’ stato inoltre messo in evidenza un alto valore predittivo negativo del SEF negli asintomatici, tale per cui i pazienti che risultano negativi, con alta probabilità non avranno problemi nel corso della loro vita. In conclusione, data la possibilità assolutamente NON trascurabile di falsi positivi dello SEF bisogna valutare con molta attenzione chi può effettivamente beneficiare di tale esame.
IL DEFIBRILLATORE NON E’ SEMPRE NECESSARIO
L’utilizzo del defibrillatore impiantabile rappresenta oggi l’arma più efficace nella prevenzione della morte cardiaca improvvisa nei pazienti affetti da sindrome di Brugada. E’ importante però riuscire individuare con precisione la categoria di pazienti che può beneficiare dell’impianto del defibrillatore in prevenzione primaria. In particolare è importante evitare l’utilizzo estensivo di tale procedura in base a all’esito di esami diagnostici e prognostici di non chiara interpretazione (es. test farmacologico / SEF + ). Il rischio di effetti collaterali legati al defibrillatore non giustifica il suo utilizzo in pazienti con potenziale rischio aritmico basso. E ben tenere a mente che un range che va dal 18% al 36% dei pazienti nei vari studi, ha subito complicanze gravi, che vanno da serie infezioni, a dolorosi interventi inappropriati del dispositivo. La possibilità di interventi inappropriati è anche una complicazione dei nuovi ICD sottocutanei. Da tenere presenti le conseguenze della possibile rottura degli elettrocateteri e loro sostituzione, e degli effetti pro-artimci del DEF stesso (aritmie anche pericolose causate dal dispositivo)
LE NUOVE TERAPIE SPERIMENTALI
ABLAZIONE EPICARDICA PER SINDROME DI BRUGADA
Una delle interpretazioni fisiopatologiche per spiegare il pattern ECG di Brugada e le aritmie della sindrome di Brugada è l’esistenza di un’attivazione elettrica lenta e frammentata negli strati subepicardici del cono di efflusso del ventricolo destro. Partendo da questo presupposto, Nademanee et al. nel 2011 hanno eseguito in un gruppo di pazienti con sindrome di Brugada e tempeste aritmiche, l’ablazione transcatetere degli strati subepicardici con un approccio intrapericardico. L’ablazione di questi strati muscolari avrebbe ridotto il sopraslivellamento del tratto ST all’ECG e favorito la riduzione o la scomparsa delle aritmie. Successivamente altri autori hanno eseguito la stessa procedura con risultati suggestivi. L’ablazione pertanto potrebbe essere un utile presidio terapeutico in soggetti con sindrome di Brugada e aritmie ventricolari recidivanti. I risultati vanno comunque confermati da casistiche controllate. Sulla base delle evidenze scientifiche ad oggi disponibili, questa procedura si è rivelata molto utile per pazienti con tempeste aritmiche o aritmie pericolose recidivanti. Per il momento tale procedura dovrebbe essere riservata esclusivamente a pazienti con sindrome di Brugada sintomatica.
TERAPIA FARMACOLOGICA -CHINIDINA-
Diversi studi, hanno messo in evidenza l’efficacia della terapia farmacologica con Chinidina nel prevenire l’occorrenza di aritmie ventricolari nei pazienti affetti da sindrome di Brugada. In particolare la terapia con Chinidina è risultata efficace nel prevenire fibrillazione ventricolare spontanea nei pazienti con fibrillazione ventricolare inducibile e nel prevenire la ricorrenza della fibrillazione ventricolare durante tempesta aritmica. Per cui, tale terapia è sicuramente utile in pazienti sintomatici e può essere presa in considerazione in pazienti asintomatici con un ECG spontaneo di tipo 1, in particolare per quelli con caratteristiche ecg di aumentato rischio come la frammentazione del QRS. Tuttavia occorre tener presenti i possibili effetti collaterali di questa terapia ad oggi sperimentale quali: diarrea, trombocitopenia e possibili danni al fegato.
GESTIONE DEI SOGGETTI ASINTOMATICI CON ECG BRUGADA
FARE TUTTO CIO’ CHE E’ POSSIBILE
La sensazione è che oggi molti medici e pazienti siano disposti a fare tutto ciò che è possibile, piuttosto che cercare di fare la cosa migliore, per evitare la possibilità, seppur remota, di un arresto cardiaco, anche se ciò può comportare il rischio non trascurabile di complicanze potenzialmente gravi legate alle procedure terapeutiche stesse. Per questo motivo, attualmente, un paziente Brugada su due che riceve un impianto di defibrillatore è completamente asintomatico, ed un paziente su cinque che riceve impianto di defibrillatore non solo è asintomatico ma non ha nemmeno un ECG Brugada di tipo 1 spontaneo, nonostante sia noto che la possibilità di eventi aritmici in tale categoria di pazienti sia particolarmente rara. Allo stesso modo, non sorprende che un numero crescente di pazienti asintomatici scelga di sottoporsi ad una procedura di ablazione nella speranza di curare la propria malattia.
FARE LA COSA MIGLIORE
Un soggetto con pattern di Brugada asintomatico, senza fattori di rischio aggiuntivi, dovrebbe poter fare una vita normale. A scopo precauzionale è prudente suggerire di evitare i farmaci indicati al sito www.brugadadrugs.org, e di trattare in modo aggressivo la febbre ma senza per questo avere particolari ansie e senza per questo considerarsi “malati”. L’attività sportiva non va sconsigliata poichè non vi sono prove che l’attività fisica e/o sportiva abbiano un effetto aritmogeno. Al contrario l’increzione catecolaminica ha un effetto protettivo. Si ipotizza che l’aumento del tono vagale indotto dall’allenamento possa in teoria favorire aritmie notturne, ma non vi sono prove al riguardo. E’ anche importante che tale categoria di pazienti sia correttamente informata affinchè comprenda che il potenziale rischio aritmico è molto basso ma non è zero, e che tutti vorremmo portare questo rischio a zero, ma quale prezzo siamo disposti a pagare, in termini di eventi avversi direttamente causati dalle terapie preventive per raggiungere questo obiettivo?
IN CONCLUSIONE
L’articolo ha fornito una serie di elementi oggettivi che spero possano far riflettere e rappresentare la base per ulteriori approfondimenti ed analisi che consentano a tutti voi di raggiungere quel grado di consapepevolezza utile e necessaria a guidarvi nelle valutazioni e scelte migliori e giuste per voi, qualsiasi esse siano, nel contesto di un completo e corretto dialogo con i vostri centri di cura/medici specialisti.
RIFERIMENTI
Questo articolo trova ispirazione e prende spunto dai lavori di Viskin e Delise:
Sami Viskin, Radiofrequency Ablation of Asymptomatic Brugada Syndrome. Don’t Go Burning My Heart. Circulation. 2018;137:1883–1884
Pietro Delise, Dieci quesiti sulla sindrome di Brugada. G Ital Cardiol 2017;18(11):754-759
federica
Illuminante e incoraggiante, grazie!
Federica
Elio Catapano
Mi fa piacere! Grazie
Antonio Canonico
Veramente un bel articolo una spiegazioni fatta molto bene
FIORENZA FARNE'
CONDIVIDO COMPLETAMENTE L’ARTICOLO
Elio Catapano
Grazie