Si è appena concluso, a Parigi, l’appuntamento con “ESC Congress 2019″(31 agosto-4 settembre), il più grande congresso mondiale della cardiologia organizzato dalla Società Europea di Cardiologia. Naturalmente non poteva mancare una sessione, composta da un panel di esperti, interamente dedicata alla sindrome di Brugada: “Brugada Syndrome: all you need to know”.
Durante la sessione, attraverso la presentazione di alcuni casi clinici,
sono stati trattati diversi aspetti, dalla valutazione del rischio nei pazienti asintomatici, a quale possa essere il trattamento più adeguato dei pazienti sintomatici in considerazione anche delle “nuove” possibilità terapeutiche in possibile sostituzione/affiancamento dell’unica terapia ad oggi consolidata e di comprovata efficacia: il defibrillatore impiantabile. Nel corso del dibattito, sono emerse, come atteso, incertezze e divergenze di opinioni e di approcci nella gestione dei pazienti Brugada, supportate dalla attuale mancanza di completa conoscenza scientifica e dalla conseguente “debolezza” degli attuali criteri diagnostici e prognostici, ma anche una maggiore comprensione di alcuni aspetti importanti, in particolare dei meccanismi fisiopatologici alla base della malattia e sui risultati molto promettenti relativi alle “nuove” possibili terapie.
Il primo ad intervenire è stato il Dr. Andrea Mazzanti (Fondazione Maugeri – Pavia, Italia), il quale ha mostrato, illustrando un caso reale, come siano ancora fragili i criteri di stratificazione del rischio aritmico in una categoria di pazienti asintomatici, evidenziando la debolezza di alcuni criteri prognostici con particolare riferimento allo studio elettrofisiologico.
Arrivando alle seguenti conclusioni:
Esiste una categoria di pazienti per cui ancora non si hanno a disposizione indicatori per una corretta stratificazione del rischio aritmico.
Ci sono ancora diversi problemi riguardanti la Sindrome di Brugada che necessitano di essere risolti.
Un possibile approccio, ad opinione del’esperto, potrebbe essere quello di estendere l’impianto di defibrillatore, a patto però di avere a disposizione defibrillatori migliori (in termini di possibili effetti collaterali/qualità della vita):
Il secondo intervento del Prof. Sami Viskin (Tel Aviv Medical Center, Israel), pone l’attenzione sulla gestione dei pazienti sintomatici da precedente episodio di arresto cardiaco.
Nel suo intervento, il Prof. Viskin parte dalla descrizione del caso di un paziente, con precedente episodio di fibrillazione ventricolare, avvenuta di notte nel sonno nel 1996. Classificata all’epoca come “fibrillazione ventricolare di origine ischemica”, nonostante negatività esami. Solo nel 2008 viene posta una diagnosi di “Sindrome di Brugada” e di conseguenza il paziente riceve un impianto di defibrillatore. L’ICD non è mai intervenuto fino al 2014, anno in cui la sua batteria si è esaurita. In pratica il paziente dopo il suo primo ed unico evento aritmico nel 1996, per i successivi 18 anni NON ha più sofferto di eventi aritmici ed è stato portatore di defibrillatore per 6 anni fino ad esaurimento della batteria. L’ICD è stato espiantato nel 2014 ed il paziente ha cominciato terapia con Chinidina rimanendo ad oggi asintomatico.
Vengono quindi mostrati i dati derivanti da alcuni importanti studi che evidenziano come circa il 50% dei pazienti con precedente arresto cardiaco abortito NON presentano poi nel lungo termine altri eventi aritmici:
l’invito dell’esperto alla comunità scientifica è di aumentare gli sforzi al fine di individuare la categoria di pazienti che rimarranno asintomatici per il resto della vita dopo il loro primo evento aritmico. E’ opinione dell’esperto che ad oggi, si effettuano troppi impianti di defibrillatori, con la conseguenza non trascurabile di sottoporre un numero eccessivo di pazienti ai seri rischi legati al defibrillatore stesso. Il suggerimento dell’esperto è quello di considerare, a seguito di un attenta valutazione della clinica del paziente, l’utilizzo della terapia farmacologica con Chinidina in sostituzione al defibrillatore. Si è dimostrato, infatti, come la Chinidina sia particolarmente efficace nel prevenire l’occorrenza di eventi aritmici nei pazienti Brugada. La terapia farmacologica andrebbe presa in considerazione come seria alternativa all’ICD, nei pazienti che, come nel caso descritto, devono sostituire il defibrillatore per esaurimento. Infatti, è dimostrato come l’occorrenza di eventi avversi peggiori (es. infezioni) sia maggiore dopo la sostituzione di ICD. Molti degli impianti di defibrillatore, sono stati fatti in anni in cui il rischio aritmico nei pazienti Brugada si riteneva più alto. Ad oggi questa stima di rischio si è notevolmente abbassata, di conseguenza la terapia con Chinidina in alternativa alla sostituzione del defibrillatore potrebbe essere un opzione ragionevole.
A supporto della validità e l’opportunità di utilizzo della Chinidina, Il Prof. Viskin illustra un ulteriore caso di un paziente, colpito da arresto cardiaco all’età di 24 anni e sottoposto successivamente e per 3 anni a sola terapia farmacologica con Chinidina rimanendo libero da eventi aritmici. Successivamente, a seguito di altri pareri specialistici, viene sottoposto ad impianto di defibrillatore ed eliminata la terapia farmacologica con Chinidina. dopo poco tempo il paziente viene colpito da storm aritmici di fibrillazione ventricolare refrattaria alla terapia del defibrillatore con la conseguenza di sottoporre il paziente a ripetuti shocks. Il paziente ha poi ripreso l’assunzione di Chinidina ed è tuttora libero da eventi aritmici.
L’ultimo intervento, tenuto dalla Dr. Melèze Hocini (Cardiac Electrophysiology and Modeling Institute LIRYC – University of Bordeaux – France), riguarda la terapia mediante ablazione nei pazienti affetti da Sindrome di Brugada.
Il caso presentato, descrive un paziente maschio di 48 anni, con un pattern di tipo 1 spontaneo all’ecg, mutazione SCN5A, sintomatico per sincope. SEF positivo per induzione di FV. Nel 2007 riceve impianto di defibrillatore in prevenzione primaria. Nel 2010 riceve 2 terapie appropriate del defibrillatore per trattare 2 episodi di fibrillazione ventricolare. Inizia terapia con Chinidina (300×2) ma successivamente nel tempo presenta altri episodi di fibrillazione ventricolare. Viene quindi sottoposto ad ablazione epicardica. Dopo la procedura di ablazione, si assiste ad una normalizzazione elettrocardiografica e il paziente rimane libero da eventi aritmici nei 27 mesi successivi alla procedura.
Nel corso del suo intervento, l’esperto evidenzia come la tecnica di ablazione si sia rivelata efficace nel sopprimere sia il substrato aritmico epicardico sia le manifestazioni elettrocardiografiche (eliminazione del pattern Brugada all’ecg) oltre ad eliminare gli episodi di fibrillazione ventricolare nei pazienti precedentemente sintomatici. La tecnica dell’ablazione è quindi certamente una procedura promettente per la quale però occorre attendere per valutarne l’efficacia a lungo termine.
L’opinione dell’esperto, in linea con le linee guida internazionali, è quella di destinare questo tipo di trattamento esclusivamente a pazienti sintomatici con episodi aritmici ricorrenti:
Un altro aspetto interessante riportato nel corso dell’intervento sono le evidenze a supporto di un disordine primario della depolarizzazione alla base della Sindrome di Brugada come evidenziato già nel 1989 da Autori Italiani (Martini et al.) ed ulteriormente evidenziato nel 2001 (Corrado et al.)
L’intervento quindi porta alle seguenti conclusioni:
La Sindrome di Brugada è associata ad anormalità microstrutturali localizzate principalmente (ma non solo), nel tratto di efflusso ventricolare destro(RVOT) o nella zona anteriore del ventricolo destro.
L’ablazione dei “triggers” di FV (focus di PVCs) in RVOT quando presente è efficace nella eliminazione degli episodi di fibrillazione ventricolare
L’ablazione del substrato epicardico risulta efficace nell’eliminazione del pattern Brugada all’ECG e degli episodi di fibrillazione ventricolare
La mia personale opinione come “uditore” del dibattito è la seguente:
- Esistono ancora diverse controversie, opinioni ed approcci differenti da parte dei vari esperti, conseguenti principalmente ad un certo grado incertezza scientifica, criteri diagnostici di non chiara specificità ed elementi prognostici deboli, dalla difficoltà attuale di individuare indicatori efficaci per la stratificazione del rischio che permettano di trattare adeguatamente i pazienti realmente a rischio ed evitare invece trattamenti invasivi in pazienti che non necessitano evidentemente di tali trattamenti. Certamente la difformità ed eterogeneità dei protocolli adottati e le relative “piccole serie” di pazienti oggetto di studio (come tipicamente accade quando si studiano patologie “rare”) non aiuta questo percorso di conoscenza.
- Emergono nuove opzioni terapeutiche che si stanno rivelando particolarmente efficaci sia in affiancamento che in sostituzione dell’unica terapia ad oggi di comprovata efficacia nella prevenzione della morte cardiaca improvvisa nei pazienti affetti da Sindrome di Brugada: Il defibrillatore impiantabile. Sia la terapia farmacologica con Chinidina che l’ablazione trans catetere si sono dimostrate tecniche valide nell’eliminare gli episodi aritmici nei pazienti sintomatici in follow up relativamente brevi. La terapia farmacologica con Chinidina risulta proponibile anche in categorie selezionate di pazienti asintomatici. Per la valutazione di efficacia e sicurezza di queste nuove terapie servono ancora studi e dati su lungo periodo, ed il loro possibile utilizzo in affiancamento o anche sostituzione al defibrillatore va valutato attentamente in base alle caratteristiche cliniche del paziente e riservato a particolari categorie di pazienti. Ovviamente va evitato l’utilizzo indiscriminato di tali terapie al pari dell’utilizzo indiscriminato del defibrillatore impiantabile.
- La ragionevolezza ed il buon senso impongono sempre di sforzarsi di fare la cosa realmente migliore (e non ad ogni costo tutto ciò che è possibile fare) per il paziente utilizzando le conoscenze e tutte le armi a disposizione, quando effettivamente utili e necessarie, analizzando attentamente i costi/benefici di ogni indicazione ed in conformità ai dettami della medicina basata sull’evidenza.
- In fine, una nota di ottimismo. Le conoscenze scientifiche vanno avanti, con la speranza che ci sia una maggiore collaborazione nella comunità scientifica, credo che in un futuro prossimo ci saranno importanti novità che aiuteranno a ridurre quel “gap” di conoscenza attuale,che di conseguenza consentirà una migliore individuazione dei pazienti realmente affetti e loro gestione. Allo stato attuale però, in questo clima di incertezza scientifica, è importante che i pazienti siano correttamente informati e che vengano accompagnati e seguiti dai centri specialistici in un percorso che conduca a concordare le indicazioni e le scelte migliori per i pazienti stessi tenendo bene in considerazione che il grado di accettazione di un rischio, anche se basso, è un fatto molto soggettivo, per cui occorre valutare, ad esempio, gli impatti psicologici della diagnosi di una patologia particolare come questa, in un paziente a cui poi giustamente può non essere indicata alcuna terapia, cosi come occorre che il paziente sia ben informato sui possibili effetti avversi (a volte anche seri) ed impatti che una determinata terapia può avere nel contesto di un lungo percorso di vita da affrontare (si tratta quasi sempre di pazienti giovani)! Ai pazienti consiglio di cercare di essere appunto “pazienti” e di valutare tutte le possibili indicazioni e possibilità senza fretta, con la massima obiettività, senza farsi prendere dal panico. Va bene anche sentire più pareri specialistici, evitando di affidarsi ai media, ai social ed al web, ma poi alla fine decidere di affidarsi (nel vero senso della parola) ad un centro e seguirne le indicazioni senza subirle passivamente, ma nel contesto di un percorso di comprensione congiunto di cui parlavo prima.
Riferimenti:
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